Spesso
ci troviamo a ragionare delle nostre letture e ad esprimere giudizi
su di esse, sulle scrittrici e sugli scrittori, sui singoli testi,
sui generi letterari. Un tipo di letteratura che ci vede su posizioni
differenti è quello della letteratura cosiddetta rosa.
Ho
pensato di chiedere ad alcune amiche di esplicitare il proprio
pensiero rispetto ad essa.
Magda ha scritto:
.
“Sono passati anni da quando leggevo Harmony.
La
collana si divideva in diversi filoni.
Si
partiva dal romantico platonico, tipo Delly: lei povera o comunque in
difficoltà, lui ricco, quasi sempre bello ma molto, molto arrogante,
convinto che tutto fosse a portata di mano; ma lei resiste, lui si
innamora perdutamente, niente sesso, chiusura con lieto fine.
Poi
c’erano quelli ambientati negli ospedali, anche qui brava ragazza e
uomo seduttore.
Quindi
la collana in cui c’è la passione: lei cede e consuma eroticamente
l’amore.
Sono
libri che si leggono in poche ore e, se si hanno preoccupazioni, per
un poco si evade, non si pensa a nulla.
Concludendo:
alla nostra età forse non impariamo molto… comunque è da snob
ignorarli perchè in rilegature e in tirature diverse la cronaca
letteraria di quest’anno vede in classifica libri nei tre colori
della passione.
Corsi
e ricorsi… nulla si distrugge. “
Anna
.
Penso che ci sia un equivoco, comprensibile ma sbagliato, su
cosa si intende per letteratura rosa. Il termine fa pensare
immediatamente alle collane Harmony, a quei libricini tutti uguali
nell'aspetto ma spesso anche nel contenuto, di lettura poco
impegnativi paragonabili ai fotoromanzi della nostra giovinezza.
Io
credo invece che la lettura rosa o meglio la lettura al femminile,
abbia oggi un più ampio respiro, sono storie di ragazze un po'
sovrappeso, un po' imbranate spesso laureate e in carriera, ma anche
in cerca di lavoro e precarie che corrispondono alle ragazze di oggi
con i sogni e i desideri di tante; pensiamo a Sophie Kinsella con i
suoi I love shopping vari o ai titoli sotto il suo vero nome romanzi
ben scritti, divertenti a volte veramente deliziosi.
In
Italia Sveva Casati Modignani ha scritto storie di donne molto belle,
donne che sono protagoniste della loro vita nel pieno significato
della parola, Stefania Bertola racconta storie gradevolissime, che si
svolgono nella sua Torino con personaggi improbabili ma proprio per
questo spesso alternativi e simpatici; ragazze e donne che nulla
c'entrano con le eroine degli harmony, perchè vivono pienamente nel
loro periodo storico, con tutte le difficoltà e le contraddizioni di
ognuna di noi. Le autrici stesse, sia le inglesi che le italiane,
sono donne o ragazze colte, che scrivono bene anche se con leggerezza
e spirito.
Resta
da valutare se leggere la definizione “il romanzo è donna” come
una connotazione negativa, in molti dei romanzi citati la realtà è
presente, certo il lieto fine è un po' d'obbligo ma mai melenso e
sciropposo, o se è così lo è volutamente come presa in giro.
Da
quanto ho scritto mi pare chiaro che a me piacciono e molto alcune di
queste scrittrici definite rosa”, io ritengo che si possa chiamare
letteratura di genere come il fantasy, il poliziesco, la
fantascienza, l'horror o il noir.
Tra
le collaborazioni richieste e pervenute quella di Carla Baraldi che
scrive di un testo, regalatole recentemente, di Sveva Casati
Modignani, scrittrice citata sia nel dire di Anna che nella ricerca
riportata più avanti.
Carla
Mi
e’ stato recentemente regalato Leonie, l'ultimo libro
della Casati Modignani. Confesso che leggendo la sua biografia mi
sono stupita nel sapere che i suoi romanzi hanno avuto grande
successo e sono stati tradotti in venti paesi. Io non la conoscevo
e poichè le mie preferenze sono orientate ai romanzi in lingua o ai
thriller psicologici mai avrei scelto un genere favoletta rosa! In
realtà sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla scorrevolezza del
testo, niente scene erotiche bensì una serie di personaggi ben
delineati ed intriganti dalla svariate personalità che
sembrano semplici ma in realtà spesso nascondono segreti. Il romanzo
comincia ai giorni nostri, poi prosegue alternando capitoli risalenti
al passato per descrivere le vite dei vari personaggi. E' una specie
di saga famigliare che copre un secolo di storia italiana dagli anni
venti ai giorni nostri. Forse potrei definire la protagonista Leonie
una cenerentola dei nostri giorni che da povera ragazzotta di
provincia francese diventa la moglie di un industriale
milanese, si inserisce con abilità e intelligenza nel nuovo mondo
diventando una manager ed una madre esemplare anche se come gli
altri personaggi ha i suoi lati segreti e misteriosi. Scontato il
finale Happy end, ma forse ai tempi che corrono talvolta fa anche
bene pensare al "tutti vissero felici e contenti". A mio
avviso i personaggi maschili sono troppo positivi forse perche' al
loro fianco vengono descritte donne forti capaci di consigliarli e
sostenerli! Nel complesso il romanzo esalta valori positivi anche
nell'ambito del lavoro e della famiglia, forse anche troppo....
Ripensando
al ruolo della letteratura e del romanzo ho trovato molto
interessanti alcune affermazioni di Elsa Morante e di Elisabetta
Rasy, affermazioni che riporto qui sotto:
.
Elsa Morante. I veri romanzi sono “il risultato di un impegno
morale” contrapposti a quelli brutti e dunque falsi che sono “il
risultato di una evasione dal primo e necessario impegno del
romanziere che è la verità”
.
Elisabetta Rasy. “ … Negli Stati Uniti il gender
(distinto dal sesso: se il sesso indica una condizione biologica, il
gender riguarda una costruzione sociale e culturale, dunque
mutevole) è trattato con più serietà che da noi. In campo
letterario non riguarda l’asserzione o la ricerca di una scrittura
femminile o di un’essenza stilistica delle donne ma la loro
posizione concreta rispetto alla parola e alla parola scritta.
…
Chiunque oggi si avventuri in una
libreria si imbatterà in una schiera esorbitante di libri a firma
femminile. Ho scritto libri ma volevo dire romanzi. Il
romanzo è donna…”
Per
avere una visione “storica” e per inquadrare meglio la
letteratura di genere rosa mi sembra interessante anche riportare
una ricerca su internet che Anna mi ha inviato.
.
La letteratura rosa è un genere letterario nato all'inizio del
Novecento per un pubblico femminile, che narra una storia d'amore a
lieto fine. Si tratta di una letteratura di consumo, a lungo
considerata di basso profilo, che si caratterizza per la rigidità
dello schema narrativo e dei suoi personaggi: un uomo e una donna
vivono un amore appassionato e contrastato e, dopo molte difficoltà,
riescono a coronare il loro sogno. Questa formula narrativa può
assumere le più diverse colorazioni (commedia, tragedia, thriller,
fantasy, medical, romanzo di formazione, erotico, generazionale,
storico ecc.), fermo restando l'obiettivo, nel quale risiede la sua
forza commerciale, di rappresentare modelli femminili nei quali le
lettrici si possano facilmente identificare e di essere, grazie
all'happy end garantito, una lettura gratificante e consolatoria.
Il
«rosa» nasce in Gran Bretagna con il romance, o romanzo romantico:
solitamente ambientato nel periodo della Reggenza, ha per
protagonisti aristocratici, duchi e principesse, uomini affascinanti,
coraggiosi, impulsivi, e donne bellissime, virtuose e fiere. A
comporre la storia d'amore concorrono elementi tipici del romanzo
d'avventura (rapimenti e congiure, fughe notturne, duelli) e della
commedia degli equivoci (tradimenti, agnizioni, intrighi). Ne sono
progenitrici Georgette Heyer (1902-74) e Constance Heaven (1913) -
quest'ultima più incline al melodramma e al mistero - che si sono
ispirate ai modelli di Jane Austen, per quanto riguarda gli intrecci
e l'analisi dei rapporti tra valori sociali e valori personali, e al
romanzo gotico quanto riguarda l'ambientazione e i personaggi:
castelli, monasteri, abbazie in rovina, fanciulle perseguita
fattucchiere, zingari. Negli stessi anni Jeanne Marie Frederick
Petitjean de la Rosière dava vita, sotto pseudonimo di Delly, al
romanzo d'amore francese. A consacrare definitivamente la l.r. è
stata Barbara Cartland (1901-2000), che ne ha codificato lo schema
«vincente»: un uomo - bello, ricco, di nobile lignaggio - e una
donna - bellissima, vergine e di grande forza d'animo - si amano; il
loro amore è romantico e appassionato, ma non vi è sesso (valore
principe dei romanzi della Cartland, infatti, è la castità
prematrimoniale); fattori esterni - guerra, malattie, disgrazie,
differenza di ceto sociale - mettono a repentaglio il sentimento che
li unisce, il quale alla fine trionfa su ogni ostacolo e i due
convolano felicemente a nozze. Con i suoi oltre settecento libri la
Cartland ha valicato i confini inglesi cogliendo un successo senza
precedenti e diffondendo la l.r. in tutto il mondo.
Negli Stati
Uniti il genere diventa rapidamente un business, tanto che negli anni
'50 nasce la prima casa editrice specializzata, la Harlequin, che si
avvia rapidamente a conquistare il monopolio del mercato. Il romanzo
rosa americano presenta subito caratteristiche diverse dal romance
inglese. Rimane ovviamente fisso il canovaccio narrativo, ma
l'ambientazione è spesso contemporanea e le protagoniste femminili
non sono più donne idealizzate, «senza macchia e senza paura», ma
eroine a volte ciniche e spregiudicate, che cercano l'emancipazione,
il riscatto e l'affermazione di sé attraverso l'amore. Negli anni
'70-'80 nascono i cosiddetti bodice rippers (letteralmente «strappa
corsetti», attività prediletta dei loro protagonisti maschili); con
Rosemary Rogers e Jennifer Wilde per la prima volta l'erotismo entra
nella l.r. e i protagonisti hanno una significativa mutazione: lui è
un uomo maturo, lei una giovane donna intraprendente. Una decina di
anni dopo - complice la rapida espansione di Harlequin e
l'affinamento delle sue strategie editoriali - il genere compie
un'altra «svolta» rilevante: pur rimanendo fedele alla formula di
base con l'happy end assicurato, introduce temi più «realistici»
come il divorzio, gli abusi, le famiglie allargate, la carriera. La
fine dell'astratto «sogno d'amore» e l'acquisizione di un più
stretto legame con il vissuto spingono la l.r. fuori dai suoi stretti
confini, a cercare contesti e registri narrativi nuovi, spesso
ibridandosi con altri generi letterari come il thriller, la commedia,
il romanzo storico, d'avventura, esoterico e altri.
Attualmente
Harlequin pubblica circa settanta romanzi rosa al mese, diversificati
in «serie» secondo il genere: si tratta di libri a foliazione
ridotta, prezzo contenuto, con uscita fissa più volte al mese. Oltre
a questi vi sono anche romanzi più lunghi, non facenti parte di
alcuna collana, detti single title. Campionessa di vendite del
momento è Nora Roberts, ma viene spesso insidiata da Daniele Steel,
Barbara Taylor Bradford, Jackie Collins e altre, autrici di romanzi
che sconfinano verso la cosiddetta women's fiction, ossia narrativa
rivolta a un pubblico femminile, che non racconta necessariamente una
storia d'amore, non segue uno schema fisso e presenta solitamente una
caratterizzazione più approfondita e vicende più articolate, dando
quindi luogo anche a libri più «corposi» dei classici
rosa.
Iniziatrice del rosa in Italia è stata Liala (pseudonimo
coniato da D'Annunzio per Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi,
1897-1995), autrice di oltre ottanta romanzi che hanno venduto
milioni di copie. La sua particolarità è l'ambientazione: il mondo
della marina o dell'aviazione, durante la prima guerra mondiale. Come
in America, anche in Italia gli anni '70-'80 vedono il boom della
l.r.: vengono per la prima volta tradotti i romanzi delle
progenitrici straniere (Cartland, Heyer, Heaven e Delly) e nel 1981
nasce Harmony, joint venture tra la Arnoldo Mondadori Editore e la
Harlequin Enterprises, sul cui modello si costruisce. Oggi la Harmony
conta venti collane, all'interno delle quali i libri escono con una
periodicità che varia dal bisettimanale al bimestrale. Negli ultimi
anni una nuova impronta al genere è stata data da altri editori: tra
le firme più significative delle nuove tendenze Sveva Casati
Modignani - pseudonimo di Bice Cairati e Nullo Cantaroni
(quest'ultimo venuto a mancare nel 2004), autori di sedici romanzi di
grande successo commerciale - e Mara Venturi, che ha iniziato a
scrivere dietro suggerimento di Italo Calvino ed è stata definita da
Alberto Bevilacqua la «Sandokan dei sentimenti»; oltre che di molti
romanzi vendutissimi è autrice anche di serie televisive e di
sceneggiati.
Nell'ultimo decennio è esploso il fenomeno, di
matrice anglosassone, della chick-lit - letteralmente «letteratura
per pollastrelle» (da chick, diminutivo di chicken, «pollo», ma
nello slang «ragazza», e lit diminutivo di literature) - che ha
preso avvio da una rubrica firmata dalla giornalista inglese Helen
Fielding sulle pagine dell'«Indipendent»: «Il diario di Bridget
Jones», diventata poi, con lo stesso titolo, un libro (1996) e
infine un film (2001) di successo mondiale. Gli ingredienti della
chick-lit sono: una giovane protagonista single, afflitta da qualche
chilo di troppo o da altre «imperfezioni», perennemente insicura,
romantica e un po' goffa; una verve ironica e scanzonata; la caparbia
ricerca dell'uomo ideale; Mieto fine, che non è l'altare, ma molto
più spesso un'autoaffermazione della donna, che acquista finalmente
fiducia in sé. Oltre a Helen Fielding, sono autrici di chick-lit
Sophie Kinsella, Jennifer Weiner, Candace Bushnell, Melissa Bank e
Anna Maxted. In Italia ha successo, in questo filone, Stefania
Bertola.
Il
dilagare del fenomeno ha indotto Harmony a lanciare «Red Dress Ink»,
una collana interamente dedicata alla chick-lit. Il successo
internazionale di questo tipo di narrativa - che per le sue
caratteristiche è considerata più vicina alla women's fiction che
alla l.r. - è da ascrivere alla sua capacità di restituire il senso
d'incertezza e precarietà che caratterizza la generazione delle
«quasi trentenni» e alla sua peculiare «ricetta» per la felicità.
Diretta emanazione della chick-lit è, infine, la neonata mummy lit,
ovvero: Bridget Jones dieci anni dopo... non più «pollastrella»
bensì mamma. Anche nella mummy lit l'happy end è la ritrovata
fiducia in sé, attraverso la consapevolezza... degli anni passati.
E
ancora un testo scritto da una di noi, Maria Luigia , che
riporta l’esperienza di una lettura giovanile, Cuore, di
Edmondo De Amicis. Il testo non appartiene alla letteratura rosa ma
si riferisce comunque ai sentimenti buoni.
Maria
Luigia
.
Cuore di Edmondo De Amicis.
Da
bambina l’ho letto tutto, e non una volta ma svariate volte. Questo
libro era costantemente appoggiato sul mio comodino, un’edizione
senza immagini, di poco prezzo, scritto con caratteri grandi. Ogni
volta che volevo rinforzare valori come solidarietà, rispetto,
laboriosità, rileggevo un brano e mi dava una carica di umanità, mi
faceva sentire bene.
Il
libro, sotto forma di diario di Enrico Bottini, un bambino della
borghesia torinese che frequenta la terza elementare di una scuola
del regno d’Italia unificato, racconta episodi che si svolgono in
una scuola bella, aperta a tutti e che permetteva anche ai più
poveri di imparare a leggere e a scrivere, mostra l’incontro tra il
mondo delle classi sociali più abbienti e quello del proletariato
che può finalmente accedere all’istruzione scolastica. Questi due
mondi, pur convivendo nella stessa aula, non si fondono mai insieme,
il bambino nato in una famiglia più “fortunata” avrà sempre più
privilegi di chi è povero.
Mi
piacevano i racconti mensili proposti dal maestro alla scolaresca.
Rileggerlo
mi commuoveva sempre; trovavo la spontaneità e la bontà. Io dico
che il Cuore è ancora il libro più adatto ai nostri tempi
nei quali il sentimento e gli ideali sono lasciati un po’ in
abbandono dalla gioventù, attirata, invece, dalle teorie
materialistiche e consumistiche che valorizzano quasi esclusivamente
la ricchezza e, con essa, tutti i piaceri della vita. Se vogliamo una
società più buona, più semplice, più amorevole, più morale.
Civiltà è sinonimo di educazione, è il senso morale, civico,
religioso che diventa patrimonio di un popolo, è l’amore per i
valori eterni dello spirito: Dio, famiglia, umanità, amore e carità.
Civiltà deriva dagli ordinamenti che un popolo sa darsi, basati
sulla libertà e sulla giustizia, che valorizzino al massimo
l’istruzione e la cultura in genere.
Mi
pare che lo scrivere di Maria Luigia possa essere utile per una
riflessione futura sulle letture che hanno influito sulla nostra
formazione e per confrontarci su quali donne, a partire da esse,
siamo diventate.
Può
essere interessante come argomento del prossimo ciclo?